Quanto mi manca di questi tempi Pier Vittorio Tondelli.
Non c’è un motivo particolare. Vorrei solo che quel satanasso da Correggio fosse ancora con noi e che in questi vent’anni avesse potuto scrivere ancora tanto.
Purtroppo non è così e allora riscopro i suoi testi, che mi hanno segnato come forse nessun altro scrittore. Cerco di assaporarne i toni, annusarne i profumi forti, immaginare com’erano i luoghi di Pier e come sono diventati.
Perché il giovane Tondelli avrà anche vissuto tra Milano, Firenze, Bologna, New York e Berlino, ma senza dubbio alcuno resta uno scrittore delle nostre parti, nel senso più nobile.
C’era in lui l’Emilia più bella, le nebbie che solo chi abita qui può amare e non detestare, gli aneliti di fuga che però finivano sempre tra il Po e l’Appennino o al massimo in Riviera.
Pier ci ha insegnato come siamo da queste parti, o perlomeno com’era la gioventù di quegli anni tra la via Emilia e il West.
Poi, certo, ha parlato anche a tutto il resto del mondo, ma le corde che ha smosso qui da noi vibrano ancora.
Ci manchi, Tondelli.